martedì 20 settembre 2011

Laggiù, dove inizia l'Italia


Sono appena tornato dalla terra che per prima può osservare albe d'Italia. Il Salento è una terra magica da camminare, pedalare, ascoltare, guardare, anche a occhi chiusi. Salento è sinonimo di grandi spazi, grande terra, grande mare, grande cielo. Respiri a pieni polmoni e senti il Mediterraneo dentro. L'anima salentina è quella che viene fuori come nasce la Taranta, qualcosa di più umano dell'uomo, più forte del cuore di una donna; qualcosa che non può rimanere dentro, nasce nella luce dell'est e si smorza in tenui crepuscoli. In mezzo, tra alba e tramonto, in questi giorni un caldo torrido, umido come lo scirocco, avvolgente come l'estate che non vuol finire.
Ho incontrato persone che mi hanno aiutato molto, persone che oltre a parlare con la testa parlano col cuore e oltre a essere una fonte informativa importante mi hanno dato una mano a entrare nell'anima del Salento. Tra i vari, oltre a Leo Liviello che mi ha aperto le porte, ricordo Marco Cavalere, archeologo di Lucugnano, competente e appassionato, bravo a raccontarmi e farmi conoscere tanti aspetti e persone del Salento; Annarita, Nicola e Matteo del B&B "Antica Dimora dei Pepe" di Salve: hanno l'ospitalità nel sangue, sanno fare molto bene il loro lavoro sia da un punto di vista professionale che umano; in pratica ho vissuto a casa loro e mi hanno trattato come un fratello. Maurizio Manna, un nome, un uomo, un pezzo di Salento. Ho camminato con lui che meglio di ogni altro mi ha condotto sui sentieri di roccia e sui sentieri dell'anima di questa terra. Maurizio è una carissima persona, che mette passione nel suo essere; oltre ad una piacevole compagnia è stata una sorta di musa ispiratrice in quanto mi ha aiutato a vedere oltre ciò che si vede e mi ha raccontato come si sente il Salento che giustamente non si trova, come amano dire molti, alla fine dell'Italia, ma ne costituisce l'inizio. Il primo sole riscalda Punta Palascia, il Ciolo e Santa Maria di Leuca; il resto d'Italia viene dopo...

mercoledì 14 settembre 2011

Ciao Walter



Oggi è morto Walter Bonatti. Era, forse il 1969, in Val Ferret. Avevo 5 anni e incontro un signore forte con i capelli brizzolati. "Lui è uno scalatore forte e bravo" mi dice mia madre, "si chiama Walter Bonatti". Si presenta con poche parole, ferme e gentili. Mi prende in braccio. Mi sembra ieri. Mi solleva, guardo il suo volto sorridente, sento le sue mani forti che mi prendono mentre la catena del Bianco scorre alle sue spalle. I suoi occhi, il suo sorriso, le sue mani forti, il Monte Bianco. "Domani mattina vieni con me? Si parte alle 5, dunque tu dovrai svegliarti alle 4". Rispondo convinto: "Ci sarò". Molto di più di una promessa, la certezza di esserci. La mattina successiva mi sveglio come sempre verso le 8. Chiamo mia madre: "Perché non mi hai svegliato?!? Dovevo andare sul Monte Bianco con Bonatti..." La delusione è stata sconfinata. Ho capito che a volte gli adulti dicono bugie grandi, più grandi di quelle dei bambini.
Quel volo tra le sue braccia è stata la mia iniziazione all'amore per i viaggi. In quegli anni lui stava abbandonando i sogni verticali per dedicarsi ai sogni orizzontali. Basta Alpi e guglie di roccia per camminare nei grandi spazi e raccontare ai lettori di Epoca i suoi viaggi in Amazzonia o in Patagonia. Quel volo verso il cielo è rimasto un momento forte della mia vita.
Ho incontrato ancora Walter Bonatti, forse una decina di anni fa. Gli ho raccontato tutto, del nostro incontro in Val Ferret. Mi ha guardato con i suoi occhi svegli e brillanti, ma soprattutto mi ha preso le mani e me le ha strette forte. "Questa volta non posso prenderti in braccio... e ti stringo le mani". E' stata una stretta forte, rocciosa, decisa, affettuosa. I suoi capelli bianchi come le nevi della montagna dei miei sogni dove non sono mai andato (soffro di vertigini...).
Oggi Walter ha lasciato la terra delle sue scalate e dei suoi viaggi. Buon volo Walter.

lunedì 7 marzo 2011

Città ciclabili d'inverno

Ecco cosa avviene a Copenaghen in pieno inverno... Mi vengono in mente i genitori nostrani che si accalcano con automobili, ombrelli e ansie da raffreddore agli ingressi/uscite delle scuole.

mercoledì 2 marzo 2011

Elogio della bicicletta

Profondi e rapidi cambiamenti hanno segnato il nostro modus vivendi negli ultimi anni. Siamo cittadini di un mondo tecnologico in cui il progresso e le trasformazioni immaginate dopo il secondo conflitto mondiale hanno un volto diverso. L’emozione di vedere l’uomo slla Luna faceva pensare a un futuro planetario: l’uomo su Marte, poi chissàdove... In realtà a circa mezzo secolo di distanza non solo si avanzano dubbi sul fatto che l’uomo abbia lasciato impronte reali sul suol lunare, ma nessuno è mai tornato a curiosare cosa ci fosse sulla Luna.


Qualcuno, forse considerato un po’ visionario, aveva la giusta percezione delle cose. Ad esempio George Orwell in “1984” immaginava un Grande Fratello e un radicale cambiamento di una parte di mondo per quanto riguarda un possibile controllo di menti ed esseri sociali. Il grande cambiamento è in pieno svolgimento e, senza approfondire più di tanto, tutti siamo più o meno consapevoli che il concetto di virtuale sta cambiando il modo di relazionarsi tra uomini e donne, giovani e vecchi. Grazie alla tecnologia gli stessi concetti di uomini e donne, giovani e vecchi sono in trasformazione. Oggi è possibile cambiare sesso e si pssonono feteggiare i 70 anni senza rughe ostentando una giovinezza comunque smarrita. In buona sostanza siamo in grado di intervenire concretamente, grazie alla tecnologia, sui meccanismi di madre natura. Le battaglie ideologiche sono molto meno efficaci di una profonda riflessione individuale. Non ha senso disquisire se tutto questo è giusto o sbagliato, discutere contrapponendosi e senza ascoltarsi come avviene nei piacevolissimi talk show televisivi. Forse sarebbe meglio non perdere il contatto con i nostri sentimenti.


Qualcuno dirà: e cosa c’entra tutto questo con la bicicletta? C’entra perchè la bici è un strumento che vive e si trasforma con l’uomo ed è capace di raccontare i sentimenti. Esiste la bicicletta tecnologica in fibra di carbonio e il ciclsta tecnologico che riesce a vivere col 4% di grasso corpreo e volendo, con la chimica, può anche truccare il motore. La tecnologia in questo caso ha privato uomini e bici di sentimenti. Le gare di oggi sono molto meno interessanti di quelle di 20 o 40 anni fa. Il coinvolgimento e la fusione emotiva tra appassionati e corridori non esiste più. Mi fa tristezza pensare a ragazzini che invece di scorrazzare in bicicletta intorno casa trasformando magari squallide periferie nel campo di gioco più bello del mondo trascorrono ore, passivamente, con la mente anestetizzata e il corpo privato di ogni stimolo, davanti a giochi eletronici trasformando la casa e la relazione umana in un “non luogo”.


Come cantava Giorgio Gaber nel suo “Se ci fosse un uomo”, siamo alla ricerca di un umanesimo nuovo e in questa ricerca anche la bici ha un ruolo. Basti pensare all’attenzione che antropologi, filosofi e urbanisti prestano alla bici, mezzo straordinario che ti permette di volare sulla terra trovando il giusto equilibrio tra la propria forza e la forza di gravità: il corpo vola basso e le ruote non perdono contatto con la terra. Vincere la forza di gravità è un sogno che accompagna l’uomo perché, come scrive Marc Augé nel suo piccolo capoavoro Il bello della bicicletta, “rende visibile e risveglia il desiderio di sfuggire alle pesantezze del quotidiano. Non c’è dubbio che, con l’uso della bicicletta, gli esseri umani riescano a soddisfare un po’ di questo desiderio di fluidità, di leggerezza, direi quasi di liquidità. E' un desiderio espresso anche nelle parole impiegate per parlare delle nuove tecnologie (es. navigare su internet). “I fiumi sono strade che camminano scriveva Pascal... Senza nessun altro aiuto oltre alla forza frammentata del corpo, la bicicletta permette di realizzare l’idea della mobilità facile. Il sogno del ciclista è quello di identificarsi, sulla terra, con il pesce nell’acqua o con l’uccello nel cielo, anche se deve comunque confrontarsi con i limiti dello spazio. Il merito del ciclismo, contrariamente a quest’illusione fin troppo seducente, è infatti proprio quello di imporci una percezione più acuta dello spazio e del tempo.... Il miracolo della bicicletta è che funziona in maniera dolce, garbato richiamo all’ordine biologico delle cose, così come impone a tutti quelli che la praticano un minimo di controllo.

Le tentazioni alla passività, che molti individui subiscono nella relazione con i vari mezzi di comunicazione, svaniscono non appena si mettono in sella; diventano responsabili di loro stessi e ne sono subito consapevoli.”.

In buona sostanza la bicicletta è uno strumento in grado di restituirci il senso del reale. Dalla bicicletta, continua Aùgé, “Il mondo esterno si impone concretamente nelle sue dimensioni fisiche. Ci resiste e ci obbliga ad uno sforzo di volontà ma, allo stesso tempo, si offre a noi come spazio di libertà intima e di iniziativa personale, come spazio poetico, nel pieno e primo senso del termine. I bambini, più degli adulti, sono naturalmente filosofi e si fanno continuamente domande. Non sono ancora abituati, e lo spettacolo delle cose inerti li sorprende tanto quanto quello delle diverse forme di vita. Allo stesso tempo si comportano come i poeti; giocano, inventano delle storie, e, a differenza degli adolescenti, che rischiano sempre di scontrarsi con i sogni diurni e di sfiorare la nevrosi, come ci ricorda Freud nel suo intervento Il poeta e la fantasia, i bambini sanno distinguere tra le cose, e tra il mondo ludico e la realtà. L’uso della bicicletta per un verso ci ridà lo spirito del fanciullo e per un altro, insieme al senso del reale, ci restituisce la capacità di giocare. Si lega così ad una forma di richiamo (nel senso del “richiamo” per vaccini) ma anche di formazione continua nello scoprire la libertà, di una grande lucidità e forse anche di qualcosa che potrebbe rassomigliare alla felicità.


Il solo fatto che l’uso della bicicletta offra una dimensione concreta al sogno di un mondo utopico in cui la gioia di vivere sia finalmente prioritaria ci dà una ragione per sperare: sogno e ritorno al reale coincidono. Pedalare può ispirare un senso di piccolo, nuovo umanesimo.

Il mio amico Andy quando deve parlare di cose importanti sostiene che il luogo ideale è la bicicletta. Dice che non esiste ufficio migliore se si deve parlare di lavoro, lettino o divano più comodo se si deve parlare con lo psicanalista, luogo romantico se si deve dire “ti amo” alla propria dolce metà. Che differenza tra una chat e una chiacchierata pedalando...

giovedì 24 febbraio 2011

Convegno sul Turismo a Piombino

Ieri, mercoledì 23 febbraio, Lega Ambiente ha organizzato un interessante convegno su turismo e territorio, con particolare riferimento alla costa toscana.

“Quale turismo per la costa toscana? Criticità, potenzialità, proposte. Incontro a Piombino”. Questo il tema dell’incontro.

Sono intervenuti amministratori pubblici, tecnici, operatori turistici, gente comune. Il dato che tutti, con parole e idee proprie, hanno cercato di far emergere è la necessità di un nuovo modello di sviluppo del turismo e del territorio. La parola d’ordine è “qualità” ma nessuno spiega cosa sia concretamente. L’altra parola molto usata è “sostenibilità” ma in pochi spiegano chiaramente cosa significhi. Incisivo a tal proposito l’intervento di Angelo Gentili, Responsabile Nazionale di Festambiente che in massima sintesi sottolinea l’importanza di regole certe uguali per tutti nella gestione del territorio tenendo in considerazione che le risorse naturali non sono inesauribili e che fermare il consumo del territorio è un passo indispensabile e imprescindibile.Le criticità sono molte e il famoso modello di sviluppo deve ancora essere elaborato ma questi incontri rappresentano momenti di riflessione condivisi e un’ottima opportunità per amministratori pubblici, non tanto perché hanno la possibilità di far conoscere il loro pensiero, quanto la possibilità di ascoltare le istanze e le considerazioni di chi vive e lavora sul territorio.

Alcune considerazioni sul tema:

  1. Manca completamente una progettualità in tal senso. Mancano drammaticamente idee, manca la cultura del turismo intesa come ospitalità, è sempre crescente quella del turismo principalmente come business. Scarsissimo l'interesse e i progetti sui servizi e sulle professionalità da sviluppare sul territorio.
  2. C’è ancora chi invoca “marchi di qualità” per emanciparsi dall’omolgazione del prodotto turistico. Trovo questa considerazione “preistorica” e terribilmente contraddittoria: il marchio è un simbolo della cultura dell’omologazione. Chi mi garantisce la qualità? Il marchio? Meglio lasciar perdere… La qualità me la garantiscono le persone, o meglio “la persona”, non per il suo curriculum ma per le sue scelte e il suo modus vivendi. La persona può essere politico, operatore turistico, turista, agricoltore e non è certo l’appartenenza a questo o quel partito o associazione, o ancora “marchio” che mi garantisce qualità, ma appunto la sua sensibilità nel relazionarsi all’ambiente, al territorio, alle persone.
  3. L’architetto Massimo Zucconi parla di “identità” di un territorio indicando giustamente in questo elemento la forza trainante di qualsiasi progetto. Identità è avere la consapevolezza che un bene come il territorio non può assolutamente essere condizionata dalle esigenze di potenziali investitori che “indorano” operazioni finanziare speculative con sermoni sulla valorizzazione del territorio.
  4. Un’altra parola amatissima negli ultimi anni è “destagionalizzazione”. Idea meravigliosa in teoria, poco apprezzata nella pratica. Paolo Pacini, assessore provinciale all’Agricoltura e al Turismo fa riflettere sulla riduzione della stagione turistica di punta da un mese-40 giorni di qualche lustro fa alle due settimane – 10 giorni (centrali di agosto) di ora. Il dottor Giovanni D’Agliano, dati alla mano, rileva un incremento di presenze sul nostro territorio nell’arco dell’anno. Indice questo che sottolinea come, seppur lentamente, un processo di destagionalizzazione è in corso. Benvenuto! Rammaricarsi del calo di presenze nel mese di agosto non ha molto senso. Per il territorio è un gran bene e, tra gli operatori, chi non riesce a lavorare nel periodo di massima affluenza evidenzia sicuramente qualche deficienza strutturale della propria attività.
  5. Ultima considerazione di carattere generale. L’Amministrazione della Regione Toscana ha stabilito di abolire le APT concentrando la promozione del turismo in un unico ente: Toscana Promozione. Tutto questo per mancanza o razionalizzazione delle risorse economiche. La Toscana è una delle poche regioni italiane dove le APT hanno avviato progetti turistici legati al territorio e slegati dagli interessi di grandi aziende private. Sebbene lentamente si è capito l’importanza di settorializzare il turismo in base ai diversi interessi dei visitatori e così sono nati progetti relativi alle attività di scoperta del territorio come cicloturismo, trekking e turismo equestre. Sono state valorizzate aree di interesse naturalistico e avviati progetti che avvicinassero i produttori al mondo dell’enogastronomia. Certamente tante cose potevano essere migliorate ma molti progetti avviati hanno avuto una buona ricaduta sul territorio. Ora, di colpo, tutti quei progetti sono destinati a rimanere nell’oblio, le risorse investite smetteranno di produrre effetti e sul futuro della pianificazione del territorio nulla si sa, salvo un progetto di sviluppo della Via Francigena. Rinunciare ad investire sul turismo in una regione come la Toscana è un po’ come se i paesi arabi rinunciassero al petrolio. Amen.

In base alla mia esperienza (vivo in Costa degli Etruschi) di residente e professionale, “fotografo” alcuni momenti che rivelano lo stato delle cose sul nostro territorio:

- Gli unici progetti di cui sento parlare sono alberghi a 5 stelle, turismo di lusso e faraonici progetti che prometterebbero crescita e sviluppo. Ne devo ancora vedere uno realizzato. Il Tombolo, ad esempio, albergo che si trova a Marina di Castagneto Carducci era un progetto “sicuro” che garantiva grandi ricadute sul territorio. Mi risulta abbia cambiato già 5 o 6 volte direzione e non mi sembra sia un’attività che vada a gonfie vele. Ne ignoro i motivi ma uno è lampante: si tratta di una struttura a 5 stelle inserita in un contesto “popolare” come quello di Marina di Castagneto. Ho parlato con molti clienti della struttura che mi hanno evidenziato questa anomalia. Mi risulta anche che c’era un accordo in base al quale chi realizzava la struttura avrebbe dovuto “rifare” l’arredo urbano del Viale Italia. Al momento, oltre alla scomparsa del cartello in cui veniva illustrato questo impegno – accordo tra imprenditori e amministrazione locale, non si è mossa foglia.

- Sempre per rimanere nel concreto a Marina di Castagneto stanno venendo su 420 nuovi appartamenti, cioè seconde case che già negli anni ’80 costituivano una pratica vecchia e dannosa per il territorio. Siamo nel 2011 e ne stanno nascendo ancora! Tutti d’accordo nel ritenere che si tratta di una “schifezza” a cielo aperto, nessuno, ma proprio nessuno, che si possa individuare come responsabile di questo capolavoro. Nessuno. Ma forse c'è...

- Nel territorio in cui vivo l’unico progetto esistente è quello previsto dall’investimento di Fratini, grande imprenditore che ha presentato chiaramente quali sono le proprie idee di sviluppo. Sul territorio si è generato un dibattito che al momento presenta più ombre che certezze.

- Tramite il sindaco del mio Comune ho avuto la possibilità di offrire un servizio a tutti i comuni della Bassa Val di Cecina. Sinteticamente un servizio di informazioni sugli eventi del territorio aggiornato quotidianamente e aperto alla collaborazione diretta. L’organo informativo presentato è www.linkarte.it, presente su territorio nazionale. In considerazione del fatto che tutti i siti web dei comuni presentano evidenti inefficienze in questo ambito ho pensato di fare cosa gradita anche perché, grazie alla disponibilità del direttore di Linkarte, il servizio sarebbe stato e sarebbe tutt’ora totalmente gratuito. Risultato? Il disinteresse più totale. I motivi? A essere buoni non ne trovo uno, a essere cattivo ne trovo tantissimi ma preferisco tenerli per me.

CONCLUSIONI

BENVENUTI NEL DESERTO DELLE IDEE

In sintonia con quanto emerso da alcuni interessanti interventi nel convegno la conclusione è meno scontata del previsto. Per chi ha a cuore le sorti del territorio in maniera disinteressata e consapevole è arrivato il momento di non avere più come interlocutori gli amministratori pubblici che appaiono drammaticamente senza idee sensibili unicamente alle proposte dei grandi imprenditori. Che soprattutto navigano a vista, a parole raccontano cose di scarsissimo interesse e nei fatti approvano strumenti urbanistici che non hanno nessun riferimento alla gestione consapevole di questo territorio. Mancano idee, mancano drammaticamente idee. E quando queste idee arrivano dall’esterno vengono sistematicamente ignorate. Amministratori intelligenti ma soprattutto consapevoli e armati di un profondo senso di responsabilità hanno avviato buone pratiche di amministrazione. Sono pochi, una specie rara, ma esistono. Quando sono venuti qui non hanno avuto neanche il piacere di essere accolti dai locali amministratori che invece avevano l’opportunità, senon’altro di ascoltare qualcosa di molto interessante e probabilmente realizzabile (vedi http://enricocaracciolo.blogspot.com/2010/07/news-in-pillole.html). L’unica risorsa possibile sembrano gli oneri di urbanizzazione che significano irreversibile consumo di territorio. Gli unici progetti degni di interesse sono quelli dei grandi imprenditori che - purtroppo non lo dico io ma i fatti - nella maggioranza dei casi non hanno alcun interesse nella gestione del territorio. E’ semplicemente pazzesco che gli amministratori pubblici “sposino” progetti imprenditoriali diventando immediatamente “contraenti deboli”. E’ semplicemente pazzesco che un imprenditore di alto livello condizioni le politiche territoriali. E’ semplicemente fuori luogo che un imprenditore conduca trattative con amministratori pubblici in luoghi non pubblici. E’ di poco gusto ma emblematico che un grande imprenditore inviti un amministratore pubblico a pranzo per “socializzare” o parlare di affari, magari in un ristorante a 5 stelle: forse sarebbe meglio che un amministratore pubblico inviti l’imprenditore in trattoria e comunichi chiaramente ai propri amministrati quali sono le intenzioni reali e la progettualità del territorio. Gli strumenti urbanistici predisposti per i prossimi anni di questo territorio sono quantomeno inadeguati e poco chiari. Un piano strutturale è cosa complessa ma l’obiettivo finale è quello di stabilire chiaramente cosa si può fare e cosa non si può, indicare le scelte operate da un'amministrazione nella gestione del territorio. Semplicemente, senza bisogno di particolari interpretazioni. Già perché quando si ricorre all’interpretazione si aprono voragini nel rapporto con i cittadini. I motivi son fin troppo scontati per essere spiegati.

Purtroppo questa è la situazione. Le case che stanno costruendo a Marina di Castagneto non sono un’opinione ma un fatto concreto. I progetti su Baratti e Rimigliano sono qualcosa di concretamente grave. Ed è sintomatico che per frenare qualcosa di assolutamente improponibile devono nascere comitati spontanei di cittadini che impiegano il loro tempo libero per fare un’opera di sensibilizzazione che sarebbe istituzionalmente un dovere per chi amministra oltre che vivere il territorio. Sono i cittadini a spendere tempo (tanto) prezioso per documentarsi, conoscere, approfondire cose sapientemente e non casualmente ignorate da chi ha responsabilità istituzionali, importanti e fondamentali in una democrazia. Una democrazia dove purtroppo questi cittadini che amano la loro terra non si sentono rappresentati. Dove non sono rappresentati. Questo accade nel Deserto delle Idee.